Tappa ancora lunghetta ed alquanto selvaggia, ma, diciamolo pure, tappa di trasferimento puro.
Come potete notare la strada va da una parte ed io da tutt’altra per accorciare un po’ il volo che altrimenti sarebbe molto più lungo.
Sarà una tratta con poche immagini e con poco da dire perché passo per luoghi così remoti che spesso non hanno neppure un nome.
Decollo da Bob Quinn Lake e finalmente capisco il perché del nome: il lago, anche se ghiacciato, c’è ed è situato in mezzo a dei boschi di conifere meravigliosamente riprodotti dallo scenario.
Ora si tratta di trovare ad ovest una valle che mi permetta di attraversare la catena montuosa senza andare troppo in alto visto che, ormai è accertato, se salgo troppo di quota con questo freddo mi si blocca l’indicatore di velocità. Ecco il passaggio!
Non mi resta che seguire il corso d’acqua che sarà la mia guida; arrivato in fondo dovrò piegare a destra.
Ecco la svolta a destra annunciata e devo dire che seguire il fiume in queste strette gole non è facilissimo e non so neppure il nome delle montagne che mi circondano: devo affidarmi completamente al GPS.
Anche se sembro fare lo ‘sborone’ e volare a quota bassissima la realtà è un bel po’ diversa: guardate l’altimetro e capirete.
Ed ecco la vallata che dovrò percorrere per intero: sullo sfondo l’immenso complesso vulcanico del monte Edziza.
Come potete notare ho tentato di fare un’immagine panoramica che è data dall’unione di vari scatti adiacenti: spero così di rompere un po’ la monotonia. Ora devo seguire il fiume giù, giù sino in fondo (sarebbe più giusto dire su, su visto che lo sto risalendo).
Ed eccomi sorvolare il Buckley Lake; tra l’altro, leggendo qua, ho scoperto che la strada è chiusa a causa di frane dovute alle intense precipitazioni (un po’ come qua in Italia) e quindi l’unico modo di raggiungere queste zone in questo momento è proprio l’aereo.
A questo punto il GPS comincia a dare i numeri probabilmente a causa di un file corrotto del mio piano di volo perché mi indica di virare ad est per raggiungere un improbabile scalo in Inghilterra . O lo scalo inglese ha lo stesso ICAO, poco credibile, oppure si è sfasciato qualcosa; non mi resta che andare ‘a naso’, ma sono molto vicino all’arrivo e mi preparo ad aguzzare gli occhi in cerca di qualche pista nascosta. Invece…
… invece lo scalo di Telegraph Creek è visibilissimo e sembra il ponte di una portaerei messo su uno sperone di roccia in mezzo ad un bosco. Anche l’avvicinamento è spettacolare visto che sorvola un fiume letteralmente incastrato tra le strette gole delle montagne; non immaginavo niente di così bello, meglio così.
Il fiume sotto di me si chiama Stikine River, se ho letto bene le carte, ed ho trovato un’immagine del posto reale anche se presa da un punto di vista opposto: la somiglianza rimane comunque notevole.
Mentre sto per atterrare mi accorgo che c’è qualcuno sulla pista: meglio così, almeno potrò chiedere informazioni perché di case in giro non ne vedo proprio.
Parcheggio e chiedo al tizio dell’aereo in fianco, che sta partendo, dov’è il paese e mi dice che è vicino al fiume dalla parte opposta dalla quale sono arrivato.
Se avete tempo andate a leggervi la storia del posto su Wikipedia perché è veramente interessante; io l’ho scelto perché era all’estremo nord dello scenario da me utilizzato, ma questo posto di circa 300 anime, praticamente irraggiungibile in auto, a me pare proprio carino. Mi sa che mi fermo qualche giorno.